Ricordate il personaggio di Furio, nato dalla fantasia comica di Carlo Verdone? Furio è la versione comica di un tratto psicopatologico molto diffuso. Il perfezionismo. Paul Hewitt è il maggiore studioso di questo tratto. Secondo l’autore, il perfezionismo è un modo di stare al mondo caratterizzato – tra le altre caratteristiche - dall’autoimposizione di standard performativi molto elevati; dal pretendere da sé stessi – e spesso anche dagli altri - la perfezione; dalla tendenza estrema all’autocritica se la perfezione non è raggiunta; dall’estremo timore dell’errore e del giudizio negativo. Il perfezionista è un individuo dominato dalla credenza che gli altri si aspettino la perfezione da lui. Per il perfezionista l’esistenza è un esame. Un esame per cui non esistono voti accettabili se non il massimo. Il mondo interiore è svuotato di affetti intersoggettivi caldi e colonizzato dalla cognizione, da un modo di pensare “in bianco e nero”, senza sfumature di grigio. Successo o fallimento. Il successo, anche quando è costato sforzi sovrumani, non regala mai una soddisfazione completa. È solo ordinaria amministrazione. Il fallimento genera rabbia che ha come sottofondo un senso di indegnità. Fallire, tra l’altro, non può dipendere (come in realtà è) da un concorso di variabili, molte delle quali non controllabili da noi, ma significa solo non aver fatto fino in fondo il proprio dovere, quindi non essere stati fino in fondo veramente adeguati al compito. E non essere adeguati al compito significa non essere adeguati a qualsiasi compito, non essere adeguati a stare al mondo. Per il perfezionista l’errore non è perdonabile, perché dice sempre qualcosa di assoluto sulla persona che lo commette. Chi ha in sé questo tratto si sottopone a un lavoro spossante per essere all’altezza di standard elevati ed evitare l’errore e il giudizio spietato che ne conseguirebbero; ma se qualcosa va storto, tutta la fatica, tutta la dedizione scrupolosa, non saranno valse a nulla. Il significato di tanto impegno, che pure dice qualcosa di importante sul valore di un individuo, passerà sullo sfondo. In primo piano ci sarà solo la desolata immagine di sé come sbagliato, insufficiente. Precisione, scrupolosità, pedanteria, attitudine critica sfumata o esplicita sono stigmate interpersonali del perfezionista: il suo modo di presentarsi agli altri. Quando ciò avviene nella relazione intima, l’altro può sperimentare sovraccarico, rabbia, ansia, senso di inadeguatezza; qualche volta, per il carico emotivo cronico, l’altro può spegnersi. Magda, la moglie di Furio, ne sa qualcosa, anche se la sua resa è il prodotto dell'incontro tra la propria dipendenza passiva e il perfezionismo di Furio.
Nelle prossime puntate approfondiremo il tema: come si diventa perfezionisti? qual è il rapporto tra il perfezionismo e il "compito esistenziale" assegnato al soggetto dall'ambiente relazionale, di cui parlavamo nella puntata precedente? Come si declina il perfezionismo nel rapporto di coppia? Perché e quando il perfezionista chiede l’aiuto della terapia, e con quali obiettivi?
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